Festival della Scienza

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Il futuro del Mediterraneo, inquinamento e cambiamenti climatici

Si parla del futuro del Mediterraneo nella seconda mattinata del Festival della Scienza. Elisabetta Vignati, Clara Schembari e Paolo Prati illustrano in una conferenza alla Biblioteca Berio gli effetti dei cambiamenti climatici, con particolare attenzione alle conseguenze sul Mar Mediterraneo. Grazie alla collaborazione con Costa Crociere, la scorsa estate hanno allestito una postazione sulle navi e, viaggiando sulle rotte che collegano Savona, Barcellona, Palma di Maiorca, Tunisi, Palermo e Malta, hanno monitorato le immissioni di carbone e biossido di carbonio, principali responsabili dell’inquinamento e del riscaldamento delle acque dei nostri mari.

Con una breve introduzione, Elisabetta Vignati fa subito una distinzione importante: “Facile confondere il concetto di clima con quello di tempo: il clima è la media basata su lunghi intervalli di tempo delle condizioni atmosferiche”. L’enfasi mediatica che negli ultimi anni allerta sui cambiamenti climatici è stata esagerata e ha prodotto non pochi equivoci. Il clima infatti è sempre cambiato, i cicli di temperatura sono lunghi centinaia di anni tuttavia è innegabile che negli ultimi anni il livello delle temperature sia sensibilmente aumentato, basti pensare che le temperature raggiunte nelle estati tra il 1995 e il 2006 hanno superato quelle del 1850, anno della rivoluzione industriale”. Il clima non è l’unica spia di allarme: “Il livello di anidride carbonica nell’aria è cresciuto del 35%; la temperatura superficiale del Mar Mediterraneo è in aumento; infine le precipitazioni in Sud Italia sono diminuite del 15% mentre al nord aumenta sensibilmente la loro densità”. Di fronte a questi dati il compito degli scienziati è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica: un ulteriore aumento entro il 2100 potrebbe avere conseguenze contenute se limitato a pochi gradi, ma apocalittiche come la scomparsa di Tokyo e New York se la temperatura aumentasse fino a dieci gradi.

Clara Schembari, laureanda presso il Dipartimento di Fisica dell’Università di Genova, denuncia la scarsa attenzione che la comunità scientifica dedica al monitoraggio del mare. La scorsa estate ha preso parte alla spedizione a bordo della Costa Pacifica: “Nel bacino del Mediterraneo, l’intenso traffico navale è causa dell’immissione di grandi quantità di biossido di zolfo, che si depositano in corrispondenza dei porti e sono responsabili del riscaldamento globale”. L’ozono negli strati alti dell’atmosfera difende gli uomini dalle radiazioni solari mentre negli strati bassi, se si accumula, è il principale responsabile di inquinamento. “In Italia, i livelli di ozono sono al di sopra del valore d’allerta della Comunità Europea”. Durante la missione in mare i livelli di azoto sono stati monitorati con degli speciali palloni sonda lanciati in aria: “Per diminuire le immissioni nell’aria è fondamentale che in futuro il monitoraggio sia continuo”.

Paolo Prati focalizza la sua analisi sulle conseguenze che il riscaldamento e l’immissione di gas nocivi nell’atmosfera hanno sulla salute dell’uomo: ”La pianura padana è una delle zone più inquinate d’Europa” e mostra un’inquietante slide con una nuvola che copre indistintamente il Nord Italia dal Piemonte al Veneto, una foto satellitare scattata lo scorso inverno. “Le sostanze che producono inquinamento sono composti molto diversi tra loro: possono presentarsi sotto forma di gas o sotto forma di polveri, a metà tra sostanze solide e gas. Il particolato, utilizzato in minime dosi per gli aerosol, è molto presente nell’aria e può portare a una riduzione della capacità polmonare e al trasporto di sostanze tossiche nel sangue”.

Genova, 24 ottobre 2009

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